Riflessioni del prof. Rolando Mancini presidente del CUM parte 2

Nello specifico, quali sono gli obbiettivi che si pone il CUM?

 

La musicoterapia italiana si diffonde e nel panorama lavorativo emergono contraddizioni evidenti; la situazione appare confusa e priva di tutela. I musicoterapisti operano generalmente nella libera professione, tra mille difficoltà, e sono pochi i professionisti assunti con contratto a tempo determinato e indeterminato; spesso viene usata la formula co.co.pro. Ci si trova nell'area dei cosiddetti atipici.

 

Essendo diffusa la pratica dell'appalto a cooperative socio-sanitarie, spesso i musicoterapisti affollano il settore dei soci cooperatori, soci con scarsi elementi partecipativi e poche garanzie e tutele.

 

Non stiamo parlando di Musica IN terapia , che prevede semplicemente la copresenza di personale sanitario con il musicista ovviamente . Stiamo parlando di una professione sviluppata a livello mondiale e che abbisogna di un setting adeguato e di una appropriata formazione.

 

A fronte dei ritardi nel riconoscimento gran parte dell’ attività si svolge in ambito formativo, una sorta di autoimpiego, nel quale i musicoterapisti si impegnano in qualita’ di docenti in un sovradimensionato mondo di scuole e corsi non sempre di livello.

 Da ciò se ne deduce che i pionieri della musicoterapia nel mercato, cioè coloro che con fatica sono di fatto entrati nel sistema socio-sanitario, rischiano di veder vanificare i loro sforzi ventennali di inserire la musicoterapia nelle istituzioni sociosanitarie..

Per comprendere meglio l'argomento va premesso che la Conferenza Stato-Regioni(Comunicato stampa n. 26   dell'11 febbraio 2013 del Ministero della Salute ) delibero' la esclusiva pertinenza delle professioni sanitarie nell'area diagnostica , preventiva , riabilitativa e terapeutica ( e quindi non delle professioni del cosidetto benessere).

Ecco inoltre il chiarimento del Ministro di allora ( Balduzzi) :

“Le attività di diagnosi, cura, assistenza, riabilitazione e prevenzioni in campo sanitario sono attività di competenza e riservate alle professioni sanitarie. Lo ribadisce un provvedimento approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Ministro della Salute, Prof. Renato Balduzzi, seguito all'approvazione della legge 4 del 14 gennaio 2013 con la quale si dettano norme per il riconoscimento delle professioni non organizzate, dalle quali restano fuori le attività riservate per legge alle professioni sanitarie.

 

La complessità dell'ambito di intervento delle 28 professioni laureate vigilate dal Ministero della Salute, interessate da una continua evoluzione scientifica, tecnologica, formativa ed ordinamentale, rende necessario un approfondimento tecnico e giuridico delle attività proprie delle professioni sanitarie attraverso una preliminare ricognizione delle funzioni di diagnosi, cura, assistenza, riabilitazione e prevenzione riservate alle professioni sanitarie. Il provvedimento ne affida la competenza del Consiglio Superiore di Sanità.

 

Con questa attività ricognitiva – afferma il Ministro Balduzzi – si intende informare correttamente i cittadini su quali siano i professionisti a cui la legge affida la cura della loro salute e, nel contempo, dare garanzie ai professionisti della salute nella certezza che non vi possa essere sovrapposizione di competenze con altri operatori che non abbiano conseguito l'accreditamento formativo e professionale richiesto alle professioni sanitarie dall'attuale normativa, nazionale e dell'Unione Europea".

 

Di fatto per dribblare la normativa accade che associazioni , che nei convegni e nei corsi illustrano le valenze terapeutiche delle proprie tecniche, non esitino successivamente a modificarsi geneticamente parlando genericamente di benessere , pedagogia , integrazione , etc. , in una sorta di doppiezza e trasformismo deleterio.

 

La cosa e' paradossale se si pensa che tali strutture formative hanno nel contempo contribuito alla presentazione di proposte di legge come da prassi giuridica , per percorrere correttamente ai fini del riconoscimento la strada delle leggi delle professioni sanitarie ( cfr. proposta Sbrollini in materia di musicoterapia , etc.) , con annessa necessaria laurea abilitante ( hanno cioe' tentato una strada potenzialmente corretta prima di aderire con modalità esclusive alla legge 4 )..

 

In questo contesto si corre il rischio di gettare a mare l'immensa ricerca nei centri di riabilitazione, diurni, centri psico-medico-pedagogici , case-famiglia, comunità terapeutiche, il lavoro sul campo fatto per anni e anni otto ore al giorno, montagne di supervisioni, cartelle di osservazione, valutazione, riunioni d'equipe, collaborazioni interdisciplinari, meglio impostate delle rare attività libero professionali operative dei diplomati e diplomandi.

 

In merito alla legge 4 del 2013 va ancora una volta sottolineato che essa non si riferisce alle professioni che, come la nostra, si attengono all’area clinica, sanitaria e sociosanitaria.

 

Riteniamo che vada tutelato il lavoro esistente e passato denso di ricerca sul campo, patrimonio della musicoterapia, e, così, tutelare i pionieri della musicoterapia applicata, rispettando il loro lungo e affannoso cammino nelle istituzioni; i musicoterapisti nelle istituzioni socio-sanitarie già esistono e non nasceranno certo  anche dopo   il logo dell'ennesima associazione.

 

Infatti nella storia della ricerca non nascono prima le scuole, i professori, le associazioni; nascono prima i ricercatori pionieri e coraggiosi, finanziati da aziende coraggiose che così, di fatto, contribuiscono alla ricerca,difficile anche in questo settore .

Occorre, inoltre, che una vera regolamentazione rispetti l'esistente e lo tuteli , anzi lo rafforzi, cosicché da esso si sviluppi ancor più la musicoterapia; occorre che i lavoratori precari trovino giustizia ed assunzione nel rispetto dei diritti umani e sindacali; occorre che vengano scritte nelle leggi norme transitorie democratiche e rispettose di questi nostri colleghi, sanatorie giuste nel rispetto e nella tutela dell'utenza.

 

Occorre che chi parla di nuova professione sappia che non si parte dall'anno zero né dall'autoreferenzialità, ma dal lavoro collettivo di molti.

Nei servizi riabilitativi, ad esempio, risulta evidente che le nuove terapie sono le prime ad essere cancellate a fronte di deficit sanitari, e con loro i lavoratori musicoterapisti, subito posti in esubero perché considerati optional riabilitativo.

 

Se a questo sommiamo lo sviluppo enorme di figure professionali collaterali che si improvvisano musicoterapisti pur facendo invece Musica IN terapia , allora il quadro appare sconfortante.

Occorre un patto di difesa congiunturale, un accordo di fase tra le professioni riconosciute e non riconosciute, sulla base del lavoro comune di ricerca.

 

Occorre uscire dall'isolamento autosufficiente, sollecitare la formazione ambulatori di musicoterapia , in unità e collaborazione con le figure professionali collaterali, con approfondimento delle contiguità e delle ipotesi di collaborazione formativa e professionale

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